Gourmet: moda o ricerca del gusto?
La parola ad un maestro pizzaiolo
Il cibo gourmet si è ormai affermato prepotentemente nell’immaginario collettivo come la nuova frontiera del gusto. A qualsiasi settore gastronomico noi rivolgiamo lo sguardo, è ormai impossibile non trovarne una versione gourmet. Negli ultimi anni sono nati sempre più locali che puntano a servire cibo con un elevato standard qualitativo. Pub, pizzerie, pasticcerie e persino gelaterie che come obiettivo si prefissano quello della soddisfazione dei palati più raffinati. Ma dietro questo fenomeno di straordinaria portata, potrebbe nascondersi il più classico degli specchietti per allodole. Soprattutto in un settore sempre vivo, e per questo molto appetibile, come quello culinario, non di rado ci si è trovati di fronte ad abusi e imbrogli. Abbiamo quindi approfittato della gentile disponibilità di un giovane maestro pizzaiolo, Simone Vesi, figlio d’arte, che tra una pizza e l’altra, ci ha aiutato ad analizzarne il fenomeno.
Buonasera Simone e grazie per la disponibilità
Grazie a voi.
Allora, prima di tutto cos’è il gourmet? Cosa significa gourmet?
Il gourmet, per come lo interpretiamo noi, è il mangiare bene, cioè sano e qualitativamente buono. La nostra filosofia di gourmet è fare la pizza come in passato, con grani macinati a pietra, prodotti biologici a presidio slowfood. Quindi il cibo buono e sano.
Visto che anche McDonalds spesso ci presenta selezioni di panini gourmet, può sorgere il dubbio che sia più moda che una vera e propria ricerca. Cosa ne pensa?
Quello non è gourmet, ma si tratta di marketing. È molto difficile lavorare su ampia scala e coordinare quantità e qualità.
C’è il pericolo che il termine gourmet, visto l’utilizzo sempre più diffuso, possa subire una perdita di valore?
Sì, oggi “gourmet” è utilizzato anche come strumento di marketing, per certificare una certa qualità. Facendo una battuta potremmo dire che anche i barbieri tra poco utilizzeranno la nomenclatura gourmet, un termine che è tipico della gastronomia. La verità è però che la qualità la si può certificare solo sul campo quindi mangiando i prodotti.
Qual è il lavoro di ricerca che c’è dietro la selezione degli ingredienti? C’è un rapporto di fiducia che si crea con i fornitori?
Si, è stato un processo curato con attenzione. Abbiamo iniziato con il vedere la tracciabilità dei prodotti. Abbiamo osservato da vicino come i nostri fornitori lavorano i prodotti, selezionandone i migliori. È importante che, come il nostro è un lavoro certosino, anche i nostri fornitori lavorino bene. È stato un processo lungo.
Come mai secondo te ci sono tanti ristoratori, nei vari settori, che si stanno dedicando al gourmet? Hanno capito che c’è un bisogno nuovo?
Sì, si è capito che il cliente sta maturando una diversa cultura culinaria. A differenza di 20 anni fa, in cui la principale discriminante era il prezzo, ora le persone hanno maturato una consapevolezza diversa. C’è una maggiore attenzione al cibo di qualità. Il cliente diventa sempre più esigente, ed automaticamente è importante che chi serve il prodotto sia informato e sappia cosa chiedono le persone.
È anche un modo per combattere l’industrializzazione, a favore dei piccoli coltivatori?
Sì l’industrializzazione è stato il male del cibo. È comoda in tante cose, ma non ci rendiamo conto di quanto fa male.
Secondo lei il futuro dove ci porterà, in merito alla continua ricerca? Qual è il prossimo passo?
Secondo me con il tempo ci saranno sempre più nuovi trend alimentari. Per esempio nell’ultimo periodo ci è stato un picco di attenzioni verso il pistacchio. Lo si usa dappertutto. Con il tempo ti rendi conto che l’attenzione si sposta continuamente. Il bello di fare ricerca è proprio quello di imparare sempre cose nuove. È quando ti fermi che inizia il crollo. I clienti stessi vanno alla ricerca di sapori sempre migliori, dell’innovazione.
Simone grazie mille del tuo tempo e buona fortuna per il futuro.
Grazie a voi, e un saluto ai vostri lettori
di Antonio Serpico
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