Indagine su quanto ci sia di vero sulle etichette dei prodotti della moda

La moda prêt-à-porter ha completamente mutato il settore dell’abbigliamento ponendo sul mercato capi realizzati non su più misura del cliente ma venduti finiti in taglie standard, pronti per essere indossati.

Ciò ha quindi permesso di abbattere notevolmente i costi di realizzazione del singolo capo, consentendo a tutti di poter avere un capo alla moda a un prezzo accessibile.

Importanti sono diventate quindi le etichette e le indicazioni della composizione dei singoli capi, che permettono al cliente di scegliere il capo non solo in base al design, ma anche in base alla qualità del tessuto che lo compone.

Le etichette, così come nel settore alimentare, sono obbligatorie ed è obbligatorio per i produttori indicare la composizione del tessuto su cui sono applicate.

Spesso pero il cliente, soprattutto in Italia, dà poco conto alle indicazioni della composizione sulle etichette, soffermandosi su altri parametri quali il prezzo o “il contenuto di moda” del capo. Più spesso sono invece visti i cartellini che, in alcuni casi, non indicano solo la taglia e il prezzo, ma anche alcune specifiche del tessuto. Questa trovata sta diventando usanza piuttosto comune nelle linee premium di diverse case dei “giganti del fashon”.

Proprio su queste però spesso le indicazioni sono scorrete, non esistendo una legge che regola le indicazioni sui cartellini (come detto i decreti legge in Italia e in Europa parlano esclusivamente di etichette).

Ora è chiaro che se un prodotto riporta sul cartellino la scritta “lino” e poi l’etichetta indica un capo in 100% cotone, li si sta parlando comunque di una frode, che andrebbe segnalata alle autorità, ma le indicazioni generiche non sono punibili.

Succede così che se si osserva in maniera sommaria un capo si rischia di cadere nella trappola acquistando un prodotto che crediamo essere di alta qualità, ma che in realtà ha una composizione del tutto differente rispetto a quella reale, indicata poi nell’etichetta interna.

Discorso più ampio poi andrebbe fatto sui prodotti in seta, dove qui la situazione è differente e gioca su un “equivoco” dovuto alla denominazione del paese di produzione.

Se osserviamo una cravatta di un noto marchio si può notare come infatti il cartellino riposti che il prodotto sia fatto al 100% in “seta” mentre invece l’etichetta interna lo riporta come composto in poliestere.

Uno degli addetti del negozio ci ha risposto dicendoci che probabilmente la composizione indicata li è probabilmente quella della fodera interna, ciò comunque renderebbe il prodotto non interamente in seta.

Ulteriori dubbi a riguardo ci vengono poi quando, cercando su un noto sito di e-commerce cinese, troviamo una serie di prodotti simili con anche qui l’indicazione della fattura in seta.

I prodotti presentano dei prezzi vantaggiosissimi (circa 3 euro tra costo e spese di spedizione), che per un prodotto in seta, anche se non di eccellente qualità, è un prezzo vantaggiosissimo.

Il problema nasce però nel momento in cui, contattato il venditore questi ci spiega come il prodotto non sia in vera seta, perché in Cina si usa il termine “silk” (dall’inglese seta appunto) per indicare il poliestrere di alta qualità, mentre i prodotti in vera seta sono indicati come fatti in “natural silk” ossia seta naturale.

Considerando quindi che la cravatta del negozio di cui si parlava prima è fatta in Cina ci sorge a questo punto spontanea il dubbio se anche per questo prodotto sia valida la stessa cosa.

Il problema inoltre si porrebbe per tutti i prodotti provenienti dalla Cina con l’indicazione seta che vengono venduti tutti i giorni nei mercati rionali, in cui i controlli sono sicuramente minori e più difficili che per le grandi catene di distribuzione.

Quello che è certo è che prodotti indicati come composti da tessuti preziosi che sono venduti a prezzi bassi dovrebbero farci quantomeno storcere il naso e che dunque uno sguardo più attendo può evitare di prendere delle fregature; inoltre in casi in cui non vi sia chiarezza tra l’etichetta e il cartellino ciò che sicuramente fa maggior affidamento deve essere la prima, ma se si continuano ad avere ancora dubbi a quel punto meglio non acquistare il prodotto.

di Francesco Accardo

Please follow and like us:
http://www.progettocampania.it/wp-content/uploads/2019/10/moda.jpghttp://www.progettocampania.it/wp-content/uploads/2019/10/moda-150x150.jpgFrancesco AccardoPrimo pianocina,italia,qualità,moda,asia,seta,lino,cotone,etichette,sicurezza,ali express,zara,hem,alcott,grande distribuzione,pret a porter,eurpoa,poliestere,seta cinese,falsi,fake,silk,chinese silk,poliestere di qualita,prodotti,mercati,risparmio,spese,acquisti,abiti,vestiti,abiti su misura,negozi,saldiIndagine su quanto ci sia di vero sulle etichette dei prodotti della moda La moda prêt-à-porter ha completamente mutato il settore dell’abbigliamento ponendo sul mercato capi realizzati non su più misura del cliente ma venduti finiti in taglie standard, pronti per essere indossati. Ciò ha quindi permesso di abbattere notevolmente i costi di realizzazione...