Arte ed integrazione per la rifondazione
Gli “Scugnizzi” trasformano un ex carcere in luogo di aggregazione, spettacoli ed intrattenimento
Nel cuore di Napoli, partendo da piazza Dante ed “arrampicandosi” tra scalinate, palazzi e vicoletti si scorge tra antiche mura lo “Scugnizzo liberato”. Nato come monastero nel XVI secolo e trasformato in carcere minorile nel secondo dopoguerra, oggi la struttura è stata sottratta all’incuria e all’abbandono grazie all’impegno di cittadini e attivisti che lo hanno convertito in un centro di aggregazione e di integrazione, punto di riferimento per la collettività.
Varcate le porte dell’antico convento, si resta stupiti dell’immensità degli spazi e del gigantesco cortile interno, situato al centro della struttura e fulcro di numerose attività, quali laboratori di musica e di teatro, corsi di danza popolare e sportello di assistenza legale gratuita. Uno dei numerosi pensieri che mi assalì nel corso della mia prima visita allo “Scugnizzo” è stato di come sia possibile che un luogo così maestoso ed ampio per molti anni sia stato sottratto ad un quartiere così popolato come Montesanto, dove si ammassano case su case, in cui i residenti non hanno alternative di dove passare il tempo libero se non in strada.
Siamo qui, per un concerto: si esibisce un gruppo napoletano, “la Maschera”. Non sono spinto da chissà quale entusiasmo di entrare in un luogo autogestito. Dopo pochi minuti devo ricredermi e i miei pregiudizi vengono meno; in quel cortile, dove per l’occasione è stato allestito un grande palco, sono investito pienamente da quei sani valori che un gruppo così coraggioso e propositivo quotidianamente, con costanza e passione, trasmettono in ogni attività che svolgono.
Tra questi sani valori, spicca quello secondo cui non conta il colore della pelle, la lingua parlata, o l’età, qualunque individuo sarà sempre ascoltato e la sua opinione presa in considerazione durante le numerose assemblee dove viene organizzata la vita allo “Scugnizzo”. Assemblee durante le quali i partecipanti si dispongono in forma circolare e discutono di: punti generici di carattere organizzativo, mantenimento degli spazi, esigenze delle varie attività.
La partecipazione può essere delle più varie, nello spazio liberato le persone possono semplicemente venire per fare nuove conoscenze o trascorrere una serata in compagnia, così come possono mettere a disposizione le proprie competenze e capacità al servizio di tutti.
Se in circa quattro anni, un luogo destinato all’incuria ed all’abbandono è stato rivitalizzato, divenendo cuore pulsante di un intero quartiere, il merito è di tutti coloro che hanno dedicato e continuano a prestare il loro tempo in un progetto tanto difficile, ma che giorno dopo giorno si concretizza sempre maggiormente. Grazie a questi ragazzi e ragazze muri che prima “imprigionavano” sogni, ora sono teatro di vita e speranza.
di Ettore Luisi
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